Elezioni 2018 e file separate per uomini e donne?

 

Elezioni 2018, 4 marzo. Non è la prima volta che voto (magari lo fosse), ho un’età all’anagrafe che mi ha portata più volte alle urne a esprimere il mio parere. In più ho alle spalle una lunga esperienza come scrutatrice e/o segretario di seggio, anche in condizioni non semplici. Eppure quello che ho vissuto oggi – basita e adirata – è la prima volta che mi capita. Non so di chi sia la responsabilità, se sia stata emanata qualche legge o disposizione a livello nazionale, regionale, comunale o se sia solo l’idea di alcuni Presidenti di seggio. Quello che mi interessa è quello che ho visto, che ho vissuto e che non mi è piaciuto per niente.

Montesilvano, ore 12.30 circa, seggio via D’Annunzio: due file separate per gli uomini e per le donne.

Probabilmente sono capitata al momento sbagliato, ma noi donne abbiamo dovuto fare una fila di oltre un’ora, gli uomini entravano e votavano. Probabilmente un’ora dopo è stato l’inverso e forse sarà così tra un’ora, ma non va, non va comunque. Ho cominciato a sbuffare e a borbottare, chi mi conosce sa che su certe cose non sto mai zitta. Ho chiesto delucidazioni, tanto per capire se fosse stato il Presidente di seggio a organizzare una cosa così o se ci fosse qualche disposizione “dall’alto”, ma le spiegazioni non erano esaurienti e non mi hanno convinta.

Elezioni 2018

 

Andiamo alla fonte

 

Cosa mi restava da fare? Aspettare il mio turno, entrare, esprimere il mio voto e chiedere. Fatto. Con gentilezza ed educazione, come faccio sempre, come mi è stato insegnato. Secondo voi la risposta è arrivata? Sì, certo, alquanto scocciata e già questo non mi piace perché è vero che i componenti di un seggio esercitano in quel momento una funzione pubblica, ma sono anche pagati per farlo e le regole di convivenza sociale – valide pur se non scritte – vorrebbero che non ci si alberasse davanti a una semplice e cortese richiesta come se io fossi solo una povera isterica e non avessi diritto di chiedere.

Mi sarebbe piaciuta una risposta gentile e, soprattutto, vera, motivata, ragionata. Ci sono stata dall’altra parte e ho svolto il mio ruolo sempre in maniera tale da far sì che chiunque avesse un dubbio, andasse via poi sereno e contento.

 

Domande e risposte… risposte?

 

“I registri sono separati e arrivano vidimati”.

Grazie, ma era così anche ai “miei tempi” e non ho ottant’anni né la demenza precoce.

“Ci sono più donne che uomini”.

Grazie, ma era così anche ai “miei tempi”, è un dato statistico della popolazione italiana e mondiale.

“Adesso c’è la novità del codice alfanumerico”.

Grazie, quello ai “miei tempi” non c’era, ma non vedo come questa novità possa incidere sulla statistica. O come possa creare una tale disparità di trattamento. Stessa sezione, qualcuno aspetta un’ora e più, altri nemmeno un secondo. Il tutto condito da sorrisini e battutine nemmeno troppo velate.

 

Volevo solo sapere

 

Io non ce l’ho con la Presidente del seggio, sia chiaro, soprattutto perché mi è sembrata molto giovane e non metto in dubbio che fosse preparata, sono sempre per il “largo ai più giovani”. Io volevo sapere solo il perché di questa novità e da chi dipendesse: dal Parlamento, dalla Regione, dal Comune, dal Prefetto. Insomma qualcuno deve avervi detto di fare così, giusto? E allora perché non dirlo? In fondo io volevo solo saperlo, volevo qualcuno a cui poter dire: “Avete fatto così, ma avete fatto solo un gran casino”. Senza pretesa di risolvere alcunché, tanto meno i problemi seri di questa Italia che cola a picco.

Con gentilezza ed educazione, ma volevo saperlo. Ne ho diritto ancora, vero?

Idem se la decisione è stata presa a discrezionalità dei Presidenti di seggio. Voglio e rivendico il sacrosanto diritto di poter esprimere il mio parere senza offendere nessuno, ma in nome di quella libertà di espressione che identifichiamo solo ormai con la maleducazione e la protesta idiota sui social. Ho fatto la brava. Sono andata a votare, anche se non ne avevo voglia perché non mi sento bene oggi. Sono andata. Ho espresso il mio voto, rivendicando la mia libertà, pur consapevole che forse non cambierà nulla e andrà sempre peggio. Ho dato voce, ancora una volta, a un barlume di speranza di miglioramento e cambiamento.

Ma nulla potrà cambiare se queste sono le risposte quando una cittadina esprime con cortesia un dubbio e non riceve una risposta esauriente. Nulla potrà cambiare se basta una “carica” che dura poco più di due giorni per sentirsi su un piedistallo di cartapesta e guardare e trattare gli altri con sufficienza, come se fossimo solo pecore che devono brucare l’erba e fare latte e stare zitte e non fiatare.

 

Cari uomini e care donne, mi avete delusa ancora…

 

A questo dico no. Urlo no. E ancora di più sono indignata per una cosa più grave. Visto che al momento eravamo noi donne ad aspettare pazientemente in fila, mentre gli uomini non avevano alcun tempo di attesa, riuscite a immaginare i commenti sessisti che ho dovuto sentire?

Eravamo derise. Oggetto di battutine, di riferimenti allusivi. Tutti SESSISTI. Tutti. E le donne? Alcune sbuffavano in silenzio. Altre erano indifferenti. Altre sospiravano rassegnate. Qualcuna si è urtata parecchio e ha alzato la voce dicendo “faccio un macello”, sapendo come lo sapevo io e lo sapevano tutti i presenti che non avrebbe fatto nulla, in nome di “uno solo non cambia nulla, dovremmo tutti…”.

No. No. No e poi no.

Io non avrò risolto nulla, ma a voce alta e chiara ho chiesto le mie spiegazioni. Ho dato fastidio, forse. Non ho cambiato niente, certo. Ma non sono stata zitta e zitta non starò mai finché avrò fiato. Sono avvilita e delusa e amareggiata per tutti i commenti e le battutine sessiste che ho sentito e perché nessuno, nessuno a parte me lo ha fatto notare. Nel mio piccolo ho aperto una via, ma nessuno mi ha seguito. Nessuno si è unito a me. Allora non venitemi a dire: “Dobbiamo essere tutti, da soli non si risolve nulla”.

 

NOI siamo “tutti”

 

No signori. Il tutti è fatto di tanti “ognuno”. Voi aspettate solo il piatto pronto e se non arriva tanto meglio, così avete un motivo per lamentarvi. Perché lamentarvi è più comodo, c’è sempre qualcosa che non va e ci azzeccate sempre. A “fare” invece si rischia che sia inutile, di non arrivare da nessuna parte, di trovarsi delusi. Ma ricordate sempre che lo schiavo si lamenta.

L’uomo libero agisce e nulla di ciò che è fatto credendoci è inutile. Tante cose vanno male, ma abbiamo dei diritti, usiamoli; non sono frutto del caso, qualcuno in passato è morto perché potessimo averne e, vedete? Non è stato invano.

O forse sì?

Con il cuore, sempre Elisabetta Barbara De Sanctis cuore

Elisabetta Barbara De Sanctis firma