Ma che bella l’autostima
Qual è il nostro valore? Dovremmo saperlo bene, eppure non sempre è così. O almeno, molte volte siamo convinti di saperlo, ne abbiamo certezza, ma cosa succede quando interagiamo con il mondo esterno?
Ve lo dico io: le prendiamo, alla grande. Una asfaltata senza pietà sulla bella autostima che con tanta fatica abbiamo costruito, mattone su mattone, goccia di sudore su goccia di sudore. Questo perché all’esterno non abbiamo solo chi ci apprezza e chi no; se l’autostima è costruita sul serio a questo siamo pronti, anzi è il primo postulato che abbiamo imparato, lo troviamo lì, alla base del muro di cui sopra, ridotto a un ammasso di macerie.
Se la nostra vita assomigliasse almeno un po’ a una partita di calcio, i due schieramenti di cui sopra occuperebbero, allo stadio ipotetico del nostro mondo esterno, le rispettive curve: tifoserie separate, tifo e fischi inconfondibili. Se tieni per una squadra, non esulti quando subisce gol: semplice.
E l’autostima nella giungla?
Ma quando usciamo dal nostro ambito personale non entriamo in uno stadio. Entriamo in una giungla e qui tutto i complica: distinguere il fiore innocente dalla pianta carnivora non è più così semplice. La giungla richiede prudenza, esperienza, vista acuta davanti e dietro le spalle e comunque, se ne usciamo e come ne usciamo non è da sottovalutare.
Nella giungla della nostra vita e delle nostre relazioni, non esistono i confini netti, le certezze sono soltanto utopia e questo perché entrano in gioco i sentimenti umani ed è un gioco in cui tutti diventiamo bari senza conoscere nemmeno le regole di base o, se le conosciamo, non ci poniamo mai dubbi se tale conoscenza sia reale o solo presunta, se scaturisca da noi o da quello che ci hanno cacciato, di buona o di mala grazia, nel cervello.
Gli attacchi all’autostima
Un esempio su tutti: l’invidia. Tutti sappiamo cos’è, ma, chissà come mai, solo per conoscenza indiretta (sono ironica, spero si sia capito). Beati gli invidiosi coscienti di esserlo, da loro non arriverà mai alcun danno. Ma da tutti gli altri sì. Perché si fingeranno estimatori, in molti casi “amici” – tanto perché il “nemico” vogliono controllarlo da vicino – ma cercheranno solo di approfittarsi, finché possono, e quando non gli sarà più permesso allora lasceranno gocciolare il loro malessere fingendo che sia il nostro.
Se i nostri mattoni li abbiamo messi su bene, la nostra autostima terrà. Ma qualche danno sarà inevitabile. Così ci toccherà rimboccarci le maniche e riparare, ancora. Spesso in solitudine, perché abbiamo scoperto l’ennesimo bluff e abbiamo estirpato un altro po’ di erbaccia. E avremo perso tempo prezioso, per stare al passo con chi ha cercato di frenarci, prima, e ci ha indotto a lavori di restauro, poi.
Le mie 5 regole d’oro dell’autostima
Se c’è, mi farebbe comodo un manuale di sopravvivenza, serio però. Intanto io mi sono data queste 5 regole obbligatorie da seguire e da un po’ sembrano funzionare. Sembrano, certo. Proprio adesso sto con la cazzuola in mano, chissà perché. Però che fatica!
- Davanti alle lodi sperticate mi chiedo: qual è il prezzo? Perché un prezzo c’è sempre. E soprattutto: sono disposta a pagarlo?
2. Davanti alle critiche e alle accuse che ritengo gratuite e immotivate mi chiedo: qual è la parte di mia competenza? Perché qualcosa mi spetta, fosse anche solo l’1%. E soprattutto: mi torna utile per la mia crescita? Se sì, lo uso. Se no: sticazzi.
3. Quando vengo “mandata avanti” non perché a qualcun altro viene da ridere, ma con la facile scusa “perché tu sei capace”, mi volto e vedo cosa sta facendo “l’altro”. Problema è che spesso non lo vedo, ergo è sulle mie spalle. Aspetta, adesso prendo una bella rincorsa verso quel precipizio brutto brutto assai, vediamo se scendi.
4. A un complimento sincero rispondo con un grazie, ma anche a uno fasullo: la coscienza altrui non è un mio problema.
5. Mi scansiono periodicamente per valutare i danni ai freni, soprattutto al freno a mano perché con quello tirato non vado da nessuna parte.
E se tutti ci preoccupassimo dei nostri freni e non perdessimo tempo a rallentare gli altri? Che diritto abbiamo di applicare i nostri limiti al mondo che ci circonda?
E se ci preoccupassimo di conoscere le nostre zone di confort? E se le arredassimo con un po’ più di buon gusto? Così, tanto per stare bene a casa nostra e non preoccuparci di quella del vicino più prossimo?
E se…?