«Sto arrivando».
«Scendo subito».
Mi sono seduta in macchina e lungo il tragitto ho riflettuto sul fatto che solo un matto poteva aver rinunciato a un bel piatto di arrosto per mettersi in auto e guidare per circa un’ora e mezza tra andata e ritorno solo per venire a prendermi. Un matto o un amico e Florenzo è entrambe le cose.

Ci siamo ritrovati pochi mesi fa per caso; non ci vedevamo dal diploma o poco dopo e, mentre ci abbracciavamo dopo tanto tempo, ci sembrava assurdo che fossero passati tanti anni. Un quarto di secolo. Praticamente una vita. Ci conoscemmo allora, siamo amici oggi.

Io sono quella che si è un po’ sparpagliata ovunque, a volte una nomade, sempre in cammino, in eterno movimento e in perenne ricerca di qualcosa. Così, io sono una di quei pochi che ha perso i contatti con tutti o quasi, soprattutto dopo che alcuni di noi, tre compagni, tre amici, sono stati presi e strappati dalle nostre vite e per me quelle perdite si sono sovrapposte ad altre, altrettanto dolorose. C’è stato un momento in cui ho barcollato, sola, in piedi in uno spazio intorno a me che era un deserto di sabbia cocente che si insinuava nei polmoni se solo provavo a respirare. Ovunque volgessi lo sguardo, parte del mio mondo era stato spazzato via e le dita di entrambe le mani rischiavano di non bastarmi per tenere il conto di chi non c’era più.

E allora via. Via da quella realtà. Non per dimenticare, non si può e nemmeno l’avrei voluto. Ma per sopravvivere. Per illudermi che, forse, nascondendo alcuni legami, il destino si sarebbe lasciato imbrogliare e quando avesse deciso di colpirmi ancora, avrebbe visto solo me e avrebbe lasciato in pace tutti gli altri. In questo modo non ci sarebbero stati più altri posti vuoti a tavola né avrei avuto bisogno di altre dita

Ma un giorno l’universo ha deciso che era il momento di agire e un incontro casuale è diventato un legame di amicizia forte e meraviglioso che ha fatto da ponte con l’altra sponda. Lì c’eravate voi, i miei compagni di scuola, nel senso più pieno e bello e profondo che queste tre parole riescano a racchiudere. Perché un compagno di scuola è per sempre.

Ieri alcuni di voi non hanno potuto raggiungerci, purtroppo lavorate e vivete a diverse centinaia di chilometri; qualcun altro ha avuto un contrattempo. Però, sappiatelo, il vostro cuore era con noi. Ho abbracciato ognuno dei presenti con gioia infinita, ma in ogni abbraccio, in ogni sguardo, ho trovato un pezzo di quelli che aspettavano le foto in chat, forse con un groppo in gola e gli occhi un poco lucidi come erano i nostri.

Si sa, molte volte questi incontri assomigliano a rimpatriate imbarazzanti come nel famoso film di Verdone. Dopo tanti anni si cresce, un po’ si cambia e, a meno che non ci si continui a frequentare nel tempo, si costruiscono vite che diventano percorsi paralleli con niente più in comune se non un passato immortalato in una foto ingiallita.

A noi non è servito nemmeno un secondo invece e non erano vent’anni e più che ci separavano, ma ore, al massimo una manciata di giorni.

Compagni di scuola, questo è il passato che ci accomuna, che ha fuso quelle nostre radici che a loro volta hanno dato vita a un unico tronco e noi siamo i rami, siamo i germogli che si rinnovano a ogni stagione, le nuove foglie e i nuovi frutti.

Amici, questo siete per me. Questo è il presente. Non vi ho mai detto di volervi bene in passato e ve ne volevo tanto. Ma, sappiatelo, ve ne voglio, anche e ancora più oggi e sono fiera di essere cresciuta con voi.

Eravamo la Va A. Eravamo speciali. Lo siamo ancora o, almeno, lo siete voi per me.

Con il cuore, sempre.

EliBì